Perché i mercati non possono essere considerati casuali.

Una delle argomentazioni di maggior diffusione per giustificare che i mercati finanziari possono essere considerati casuali è l’esempio delle scimmie: se si ipotizza che infinite scimmie ognuna di esse davanti ad una macchina da scrivere che premono i tasti a caso in un tempo infinito, sicuramente si può affermare statisticamente che una di essa scriverà prima o poi esattamente la divina commedia; mutuato sui mercati finanziari, l’andamento storico dello S&P500 può essere riprodotto esattamente da una delle infinite serie storiche casuali generate da un motore montecarlo con estrazione di rendimenti casuali.

A questa osservazione io rispondo che il fatto che una scimmia riesca a scrivere esattamente la divina commedia, non significa che la divina commedia sia un aggregato di lettere casuali che creano un capolavoro, è il frutto di ingegno ed intelletto straordinari, esattamente come l’andamento dell’indice S&P500 è irripetibile e generato da una sequenza di eventi che ne hanno determinato il risultato giorno dopo giorno.

Come già detto in post precedenti, provate a convincermi che l’11 settembre 2001 il mercato ha perso il 7% per pura coincidenza.

Inoltre possiamo scommetterci quante case volete, anche le vostre, che la scimmia che casualmente ha scritto la Divina Commedia, subito dopo non riuscirà a scrivere l’Odissea di Omero…

Perché calco la mano su questo punto? perché considerare l’andamento certamente aleatorio dei mercati finanziari come casuali è una truffa intellettuale, come sostiene Nassim Nicholas Taleb nel libro Il Cigno Nero (che condivido al 90%, ma non chiedetemi quale 10% non condivido).

E’ una truffa intellettuale perché devia l’attenzione da aspetti molto interessanti e caratteristiche strutturali dei mercati finanziari, soprattutto quelli azionari.

Chi da più anni lavora con i mercati azionari, non può non constatare l’esistenza di trend, più o meno solidi che caratterizzano l’andamento degli stessi; i trend sono facili da spiegare, sono dovuti a fenomeni di finanza comportamentale più che da logiche di prezzo; mi spiego meglio: poichè stimare il prezzo corretto di un titolo è molto difficile ed i modelli sono molti (e nessuno perfetto), il prezzo durante il tempo oscillerà attorno ad un prezzo medio in base ad altri fattori, che sono principalmente dovuti all’emotività, alle aspettative e alla percezione delle persone, più che alla razionalità dei modelli di stima, e questo diventa ancora più evidente ed eclatante sull’andamento degli indici, visto che incorporano le aspettative di crescita economica e le paure e le avidità tipiche dell’investitore.

Si generano quindi paure irrazionali o bolle speculative che portano a distorsioni anche notevoli della realtà e del prezzo reale di una o più aziende (per chi le sa leggere sono opportunità eccezionali).

Negli ultimi 14 anni si sono visti dei trend ecclatanti, da marzo 2000 a marzo 2003 un trend ribassista spaventoso che ha fatto tremare i mercati finanziari, da marzo 2003 a marzo 2007 un trend rialzista altrettanto poderoso che ha riportato gli indici vicini ai nuovi massimi, dal marzo 2007 al marzo 2009 un nuovo trend ribassista molto pesante e poi da marzo 2009 al marzo 2014 un altro trend eccezionale.

Qualcuno di voi penserà che adesso di nuovo ci sarà un nuovo trend ribassista, può darsi, nessuno può saperlo in anticipo, però ci sono buone tecniche per stimare l’esistenza dei trend e cavalcarli con l’obiettivo di averne dei forti benefici, soprattutto in termini di minori perdite.