Ieri abbiamo parlato di Deviazione Standard e di alcuni suoi difetti e limiti.
Per capire quanto la statistica finanziaria in Italia sia divergente da quella anglosassone, basta dare un’occhiata alla definizione di Volatilità in Wikipedia in lingua Italiana rispetto alla versione Inglese.
Nella versione Italiana la Volatilità è un’indice della variazione percentuale dei prezzi nel tempo, e fin qui la definizione coincide, però subito dopo la volatilità viene descritta come la varianza, che è il quadrato della deviazione standard, mentre nella definizione in inglese viene giustamente equiparata alla standard deviation, che è la radice quadrata della varianza.
Anni addietro, il Prof. Francesco Corielli dell’Università Bocconi mi disse che la Volatilità è il prezzo da pagare per il fatto di tenere aperto i mercati azionari tutti i giorni; mai definizione di Volatilità mi ha reso l’idea più chiaramente di cosa significasse in realtà la volatilità dei prezzi.
Se ogni giorno davanti a casa vostra ci fosse un display con le offerte dei passanti che indicano il prezzo a cui acquisterebbero la vostra casa, probabilmente le fluttuazioni del prezzo sarebbero simili a quelle dei mercati azionari, poiché oltre all’opinione di molteplici persone con idee diverse, ci sarebbero influenze di umore, emotività, notizie circostanti, proprio come per i mercati finanziari che giornalmente devono prezzare il valore di un asset che è molto più difficile da stimare del valore di una casa.
Da questo esempio si intuisce che se i potenziali compratori della vostra casa sono incerti sul valore e sull’opportunità di acquisto perché il mercato immobiliare potrebbe perdere valore, le fluttuazioni dei prezzi sul display sarebbero molto elevate, quindi la volatilità dei prezzi sarebbe più alta e il rischio che il prezzo cali diventa sempre più elevato; non significa che necessariamente il prezzo crolli, ma significa che le fluttuazioni (e quindi la forchetta dei prezzi) saranno maggiori. Il rischio a questo punto sarà di vendere la casa presi dal panico ad un prezzo basso per paura che crolli ancora di più…
Vorrei porre l’attenzione però sul fatto che quasi tutti gli operatori finanziari pensano che ci sia una perfetta correlazione negativa tra volatilità che cresce con mercato che cala, perché se è sempre vero, per struttura di calcolo della volatilità che quando il mercato perde la volatilità sale, è altrettanto vero che ad una fase di crescita dei mercati può corrispondere anche una fase di crescita della volatilità.
Chi è scettico su questa affermazione vada a vedere cosa è successo nel 1999 e nel 2007.
Nel 1993 il CBOE (Chicago Board Option Exchange) elaborò grazie al professor Whaley il VIX (acronimo di Volatility Index) che è un indice della volatilità implicita derivante dai prezzi delle opzioni a varie scadenze sul mercato azionario americano.
La volatilità implicita è totalmente diversa nel metodo di calcolo dalla volatilità storica, anche se è molto interessante notare la similarità dei risultati che si ottengono nel tempo dalla stima dei due indicatori.
Dal 2004 è possibile acquistare o vendere i futures sull’indice VIX per scommettere sulle future fluttuazioni dei mercati azionari, ma delle strategie che si possono utilizzare con questi future ci parlerà alla conferenza QUANT2014 a Venezia il 28 Febbraio (www.quant.it) il responsabile della ricerca e settlement del CBOE John Hyatt che per la prima volta verrà in Italia a presentare le peculiarità di tale indice e di come utilizzarlo nella gestione del denaro.
Chi volesse partecipare alla conferenza, può registrarsi a questo blog e lasciare il proprio indirizzo mail, verranno estratti 5 nomi che riceveranno l’invito gratuito.
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