Oggi parliamo di Deviazione Standard da un punto di vista “non standard”

La Deviazione Standard è un’indicatore di dispersione dei dati intorno ad un indice di posizione; tradotto in non statistichese è uno degli indicatori statistici in grado di misurare la variabilità intorno alla media.

In finanza, soprattutto in Italia, questo indicatore è stato progressivamente associato al rischio di uno strumento finanziario, indicando che più alta è la deviazione standard dello stesso, più alto è il rischio che un investitore corre.

Questa associazione è molto approssimativa e fuorviante; la deviazione standard non è un indicatore di rischio ma di incertezza, poiché se è molto alta le stime che si possono fare attorno ad un determinato strumento finanziario sono poco attendibili, se è bassa, le stime che si possono fare sono più accurate.

Introdotta in statistica da Pearson, la deviazione standard non è altro che la radice quadrata della varianza, si veda wikipedia per la formula matematica.

Il principale difetto della deviazione standard, dal punto di vista dell’utilizzo finanziario, non è il fatto di essere associata alla distribuzione normale dei rendimenti (casualità), bensì il fatto che è un indicatore simmetrico, ovvero non è in grado di distinguere i rendimenti negativi da quelli positivi, essendo elevati al quadrato nella formula matematica.

Questo è un forte difetto nella stima di qualsivoglia rischio di investimento, poiché una serie storica che presenta dei rendimenti 0,5%, -2%, 0,5%, -2% ha la stessa volatilità di una con -0,5%, 2%, -0,5%, 2% anche se le traiettorie e il risultato finale sono completamente diversi.

Da questo si intuisce che utilizzata da sola la deviazione standard non è un utile indicatore per quantificare le qualità di uno strumento finanziario.

E’ questo il motivo principale per cui sono nati degli indicatori statistici basati sia sulla media che sulla deviazione standard per valutare un poco meglio gli strumenti finanziari; è questo il caso dell’indice di Sharpe, di cui avremo modo di tornare in futuro.

Altro grosso difetto, o pregio dipende da come si usa, della deviazione standard è che non è stabile e costante nel tempo; è certamente più stabile dei rendimenti, ma ovviamente varia in base all’arco temporale di osservazione, alla frequenza delle rilevazioni (giornaliere, settimanali, mensili, ecc…) e al periodo storico di osservazione; per fare un’esempio la deviazione standard di un fondo bilanciato nell’anno 2008 è stata maggiore di un fondo azionario del 2006; questo crea grossi problemi nell’utilizzo della singola deviazione standard per la determinazione del grado di rischio di uno strumento o di un portafoglio di investimento ai fini dell’adeguatezza MiFID, anche se sembra che gli intermediari finanziari non lo abbiano per nulla capito.

Esistono altresì in letteratura degli indicatori statistici poco conosciuti ed utilizzati come l’ulcer index in grado di fornire maggiori informazioni rispetto alla deviazione standard, ma di questo parleremo in un altro post.