Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 1

Nè lo Sharpe Ratio nè il sistema di misurazione di Morningstar sono strumenti efficienti per la selezione di Fondi Comuni all’interno di Peer Group al fine di inserimento di un portafoglio di fondi“.

Se fossi io a dire una frase del genere solleverei sicuramente indignazione e forti polemiche, ma a dirlo è stato proprio William F. Sharpe in un paper del 1998 pubblicato niente meno che sul Financial Analysts Journal.

Ebbene si, il fantomatico ed utilizzatissimo indicatore Sharpe Ratio che ricordo essere la formula

SR=(E[r] – Rf)/Var[r] 

ovvero il rendimento atteso (oppure storico) meno il Risk Free Rate fratto la varianza dei rendimenti è un ratio creato per stimare la Capital Asset Pricing Line (cosa diversa dalla finalità di utilizzo di stima dell’efficienza dei fondi).

Quando ho dovuto studiare tale indice per inserirlo sul paper scritto insieme al Prof. Bertelli sul DIAMAN Ratio, mi sono accordo di difetti che nasconde insidioso tale indice che se non si conoscono possono inficiarne non solo l’utilizzo ma anche i risultati.

I 4 principali limiti (per non chiamarli difetti) di tale indicatore sono i seguenti:

1) Se vario il Risk Free Rate, parametro arbitrario oggi veramente difficile da stimare (esiste ancora?), i risultati cambiano in modo non lineare

2) Se vario la frequenza di campionamento dei dati da daily a weekly i risultati cambiano sostanzialmente

3) In caso di rendimenti negativi, lo Sharpe Ratio non può essere utilizzato perchè forviante (lo dice Sharpe Stesso nel suo paper)

4) Lo Sharpe Ratio non tiene conto della sequenzialità dei dati, esponendolo a limiti pesanti nella stima delle serie storiche

Oggi per ragioni di tempo e spazio, oltre che di leggibilità del Blog, parleremo solo dei primi due.

Ipotizzate di voler selezionare i migliori fondi di un Peer Group composto da 250 fondi, secondo lo Sharpe Ratio; se variate il Risk Free Rate (nel grafico di esempio dallo 0 al 4%) il ranking che voi otterrete sarà completamente diverso da prima.

Questo grafico si legge così: la posizione 90 ha cambiato (in meglio o in peggio non importa) la sua posizione nel ranking di circa 130 posizioni, la posizione 8 di circa 75 posizioni (con 0 era ottavo, con 4% era ottantatreesimo).

Questo effetto è dovuto al fatto che un fondo monetario a bassa volatilità se il RfR è 0 ha un indice di sharpe molto buono, se il RfR diventa 4% ovviamente viene molto penalizzato rispetto ad un fondo obbligazionario con duration elevata.

Il secondo difetto è la frequenza di campionamento dei dati, ovvero se analizzo rendimenti giornalieri o settimanali i risultati dello Sharpe Ratio cambiano e di molto, indicando anche in questo caso una sensibilità eccessiva a queste variazioni, poichè se non c’è accordo nel metodo di stima, i risultati sono sostanzialmente diversi.

Come si vede sul grafico, a parità di RfR al 2% ma con frequenze diverse, il Ranking cambia, anche se meno del problema del RfR, rendendo non omogenee due analisi se non correttamente uniformate.

Gli altri due problemi che vedremo la settimana prossima sono ancora più pesanti e devastanti per il povero indice di Sharpe che comunque rimane uno strumento utile piuttosto che andare a spanne.

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