Prevenire le bolle finanziarie

Nel recente passato ho assistito a una conferenza finanziaria Global Derivates e una presentazione mi ha colpito più di altre. Il suo titolo era: Diagnostic and Forecasting of Future Bubbles, Crashes, and Crises (Diagnostica e previsione di future Bolle, crolli e crisi) tenuta dal Prof. Didier Sornette. Il curriculum del Prof. Sornette è veramente impressionante, non lo elenco ma se andate sul sito www.riskcenter.ethz.ch potete trovare una parte di tutto quello che fa che spazia dalla fisica dei terremoti al risk management finanziario. DEFINIZIONE DI BOLLA FINANZIARIA Iniziamo dal concetto di bolla finanziaria: quando i prezzi di un bene crescono ad un tasso non lineare ma più che esponenziale, non giustificata dal valore del bene, allora siamo di fronte ad una bolla speculativa. Ovviamente una crescita più che esponenziale non può durare all’infinito, e quindi ne segue una fase di ridimensionamento molto rapido del prezzo verso la normalità, con il rischio di andare anche

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Peter Martin: genio incompreso o sconosciuto?

Come ho anticipato nel post Ulcer Index – questo sconosciuto Peter Martin è stato l’ideatore dell’indice dell’ulcera nel 1987, indice mai portato alla ribalta del mondo accademico ma ben spiegato nel libro “the investor guide to Fidelity Funds”. Non è stato solo l’ulcer Index il contributo statistico lasciato da Peter, ma anche l’UPI (Ulcer Performance Index) meglio conosciuto come Martin Ratio… Mentre l’indice di Sharpe è SR = (Total Return – Risk Free Rate) / Standard Deviation il Martin Ratio è MR = (Total Return – Risk Free Rate) / Ulcer Index Come l’Ulcer Index anche il Martin Ratio è una via di mezzo tra gli indicatori basati sulla casualità dei rendimenti e gli indicatori deterministici, poichè come si vede dall’immagine di questo post, una serie storica con medesima media e varianza può avere traiettorie completamente diverse e quindi anche percezione da parte degli investitori completamente diverse; queste differenze non vengono minimamente descritte

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Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 2

Ricapitolando brevemente i primi due difetti dello Sharpe Ratio, elencati nel Blog della settimana precedente: Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 1 ricordo che l’utilizzo di tale indicatore per creare dei ranking di fondi è molto, direi troppo, sensibile alla definizione arbitraria del valore del Risk Free Rate, oltre anche alla sensibilità derivante dalla scelta, anch’essa arbitraria e non standardizzata, della frequenza di analisi dei dati, ovvero se si prendono dati giornalieri, settimanali o mensili per l’elaborazione. Il terzo grosso difetto dell’indice di Sharpe, descritto anche in un suo paper, è che l’utilizzo di tale indicatore (che ricordo è stato creato per definire la Capital Asset Pricing Line) per definire l’efficienza di un fondo rispetto ad un altro, non funziona in caso di rendimenti negativi e vi spiego perchè: Immaginate due fondi che hanno perso in un anno il 5% entrambi, solo che uno ha volatilità 5% e l’altro ha

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Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 1

“Nè lo Sharpe Ratio nè il sistema di misurazione di Morningstar sono strumenti efficienti per la selezione di Fondi Comuni all’interno di Peer Group al fine di inserimento di un portafoglio di fondi“. Se fossi io a dire una frase del genere solleverei sicuramente indignazione e forti polemiche, ma a dirlo è stato proprio William F. Sharpe in un paper del 1998 pubblicato niente meno che sul Financial Analysts Journal. Ebbene si, il fantomatico ed utilizzatissimo indicatore Sharpe Ratio che ricordo essere la formula SR=(E[r] – Rf)/Var[r]  ovvero il rendimento atteso (oppure storico) meno il Risk Free Rate fratto la varianza dei rendimenti è un ratio creato per stimare la Capital Asset Pricing Line (cosa diversa dalla finalità di utilizzo di stima dell’efficienza dei fondi). Quando ho dovuto studiare tale indice per inserirlo sul paper scritto insieme al Prof. Bertelli sul DIAMAN Ratio, mi sono accordo di difetti che nasconde

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