Controllo di rischio dinamico

Ormai le automobili sono piene di congegni elettronici che puntano ad aumentare la sicurezza nella guida, dal controllo di frenata (ABS), introdotto ormai più di venti anni fa, oggi ci sono una serie di sistemi per la frenata automatica, per la stabilità in curva, per evitare il ribaltamento ecc… Tutti sistemi creati per aiutare il conducente a preservare la propria incolumità e anche la propria vettura. Ma perché negli investimenti invece nessuno utilizza strumenti di controllo del rischio dinamici (ovvero che variano nel tempo in base alle condizioni dei mercati) che possano preservare il patrimonio degli investitori stessi e anche la loro salute (come conseguenza naturale dei mal di pancia generato dagli errori e dalle perdite di valore del portafoglio)? I mercati finanziari portano spesso emotivamente gli investitori a fare scelte che poi si rivelano sbagliate, da tempo noi sosteniamo che sia necessario dotarsi di strumenti quantitativi per ridurre la

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Cosa sono i Robo-Advisors?

Mercoledì 28 novembre 2015 ASCOSIM organizzò una conferenza sui Robo-Advisor che mi ha visto partecipare in qualità di relatore alla tavola rotonda finale. Cercherò di dare una definizione di Robo-Advisor per quanto anche all’interno della sala non c’era una vera uniformità di vedute sulla stessa:  Robo-Advisor è un servizio di consulenza che prevede l’automatizzazione dei processi del servizio di consulenza finanziaria, che vanno dal marketing e l’acquisizione del cliente, alla valutazione di adeguatezza, per finire con i portafogli modello che vengono proposti al cliente. Con sorpresa, (ma poi nemmeno tanta) si evidenziò che i cosiddetti Millennials (ovvero coloro che sono nati dopo il 1990) rappresentano per ora solo il 3% del mercato di coloro che scelgono formule più o meno automatiche di erogazione dei servizi di investimento. E’ vero che questi millennials avranno bisogno di gestire i soldi tra 10 anni e non adesso, come è vero che questa fascia

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Peter Martin: genio incompreso o sconosciuto?

Come ho anticipato nel post Ulcer Index – questo sconosciuto Peter Martin è stato l’ideatore dell’indice dell’ulcera nel 1987, indice mai portato alla ribalta del mondo accademico ma ben spiegato nel libro “the investor guide to Fidelity Funds”. Non è stato solo l’ulcer Index il contributo statistico lasciato da Peter, ma anche l’UPI (Ulcer Performance Index) meglio conosciuto come Martin Ratio… Mentre l’indice di Sharpe è SR = (Total Return – Risk Free Rate) / Standard Deviation il Martin Ratio è MR = (Total Return – Risk Free Rate) / Ulcer Index Come l’Ulcer Index anche il Martin Ratio è una via di mezzo tra gli indicatori basati sulla casualità dei rendimenti e gli indicatori deterministici, poichè come si vede dall’immagine di questo post, una serie storica con medesima media e varianza può avere traiettorie completamente diverse e quindi anche percezione da parte degli investitori completamente diverse; queste differenze non vengono minimamente descritte

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Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 2

Ricapitolando brevemente i primi due difetti dello Sharpe Ratio, elencati nel Blog della settimana precedente: Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 1 ricordo che l’utilizzo di tale indicatore per creare dei ranking di fondi è molto, direi troppo, sensibile alla definizione arbitraria del valore del Risk Free Rate, oltre anche alla sensibilità derivante dalla scelta, anch’essa arbitraria e non standardizzata, della frequenza di analisi dei dati, ovvero se si prendono dati giornalieri, settimanali o mensili per l’elaborazione. Il terzo grosso difetto dell’indice di Sharpe, descritto anche in un suo paper, è che l’utilizzo di tale indicatore (che ricordo è stato creato per definire la Capital Asset Pricing Line) per definire l’efficienza di un fondo rispetto ad un altro, non funziona in caso di rendimenti negativi e vi spiego perchè: Immaginate due fondi che hanno perso in un anno il 5% entrambi, solo che uno ha volatilità 5% e l’altro ha

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Sharpe Ratio: i 4 difetti principali – parte 1

“Nè lo Sharpe Ratio nè il sistema di misurazione di Morningstar sono strumenti efficienti per la selezione di Fondi Comuni all’interno di Peer Group al fine di inserimento di un portafoglio di fondi“. Se fossi io a dire una frase del genere solleverei sicuramente indignazione e forti polemiche, ma a dirlo è stato proprio William F. Sharpe in un paper del 1998 pubblicato niente meno che sul Financial Analysts Journal. Ebbene si, il fantomatico ed utilizzatissimo indicatore Sharpe Ratio che ricordo essere la formula SR=(E[r] – Rf)/Var[r]  ovvero il rendimento atteso (oppure storico) meno il Risk Free Rate fratto la varianza dei rendimenti è un ratio creato per stimare la Capital Asset Pricing Line (cosa diversa dalla finalità di utilizzo di stima dell’efficienza dei fondi). Quando ho dovuto studiare tale indice per inserirlo sul paper scritto insieme al Prof. Bertelli sul DIAMAN Ratio, mi sono accordo di difetti che nasconde

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Alcune considerazioni sul Drawdown

Per molti dirò cose ovvie e scontate, ma sono convinto che ci siano molte persone che possono trarre grandi vantaggi dal leggere questo post. Innanzitutto chiariamo il concetto di drawdown, che non è altro che la perdita massima subita nel tempo da un investitore che avesse investito in una qualsiasi asset class; tradotto in termini più tecnici è la differenza percentuale tra il massimo assoluto ottenuto dalla serie storica e il successivo punto con il valore minimo. In termini statistici è il vero rischio di perdita che un investitore può subire, tralasciando che i record sono fatti per essere battuti e che non è assolutamente scritto da nessuna parte che se una serie storica ha come massimo drawdown storico per esempio un -40%, non possa perdere molto di più in futuro. Questo indicatore comunque è molto importante perché indica più chiaramente della volatilità come un investimento può comportarsi nei differenti

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Ulcer Index – questo sconosciuto

Visto che nelle scorse settimane abbiamo analizzato con spirito critico alcuni indicatori statistici come la Deviazione Standard, altrimenti conosciuta come Volatilità, e lo Sharpe Ratio, mi sembra giusto essere propositivi e presentare un indicatore statistico ancora sconosciuto a tanti operatori finanziari, siano essi gestori, risk manager o consulenti, ovvero l’Ulcer Index. Chi ci conosce meglio come società è al corrente di questo indicatore da molto tempo, e per risalire a quando anche noi lo abbiamo scoperto devo tornare indietro di più di 10 anni, quando in occasione di un comitato scientifico di DIAMAN, Paolo Sassetti, membro dello stesso all’epoca, ci ha edotti della sua esistenza. L’Ulcer Index, o indice dell’ulcera tradotto in Italiano, è stato inventato da Peter Martin nel lontano 1987 (sempre molto più recente della frontiera efficiente…) ma è diventato molto meno famoso di altri indicatori statistici simmetrici come la deviazione standard, forse perché comunque un indicatore deterministico che mal si sposa con il concetto di mercati casuali. In

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Paradosso di Monty Hall

Oggi, ho pensato di trattare un argomento leggero ma simpatico che vi farà comprendere che non sempre il mondo delle probabilità è lineare e comprensibile, e che spesso la realtà è contro-intuitiva, come avevo cercato di spiegare nel post Perchè i mercati sono controintuitivi. Premetto che questo “gioco” ha scaldato l’opinione di migliaia di professori accademici e statistici, quindi sentitevi pure in diritto di pensare che il gioco che vi proporrò sembrerà sbagliato, ma abbiate il coraggio e l’umiltà di studiare il problema a fondo senza il pregiudizio di avere ragione e che il paradosso sia sbagliato (anche perché altrimenti non si chiamerebbe paradosso…). Immaginate di essere protagonisti di un quiz televisivo, e vi viene proposto dal conduttore di scegliere una delle tre porte qui sopra rappresentate, dove dietro di esse si nascondono due capre ed una fiammante automobile nuova di zecca che se indovinerete dove si trova diventerà vostra. La

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